Come cita un titolo ormai famoso: VESTIRSI DI NATURA!!!
Biologico non vuol dire solo frutta e verdura ma anche alimenti trasformati, detergenti, cosmetici, piante officinali e persino vestiti, o più correttamente tessuti naturali. Sì, perché anche le fibre tessili sono da ritenersi a pieno titolo prodotti dell’agricoltura e come tali oggi sottoposte a tecniche di produzione e lavorazione inquinanti e spesso nocive per l’uomo e l’ambiente.
Purtroppo, oggi le fibre più utilizzate sono quelle artificiali e sintetiche, la cui diffusione negli ultimi anni ha superato quella dei tessuti naturali, indossati negli ultimi due millenni dall’uomo: lana, cotone, canapa, seta e lino. A rendere possibile il loro successo sono stati numerosi fattori: minor costo, praticità d’uso, maggiore versatilità d’impiego. Ma accanto a questi numerosi vantaggi, le fibre moderne presentano anche alcuni vistosi inconvenienti: notevoleconsumo energetico, scarsa capacità traspirante (l’epidermide trova un ostacolo al processo naturale di traspirazione e si viene a creare un microclima insalubre generando cattivi odori e reazioni allergiche), elevata carica elettrostatica che viene a crearsi con lo sfregamento dei tessuti con la pelle.
Anche il cotone, seppur naturale, da solo assorbe circa il 25% di tutti i pesticidi distribuiti sul pianeta e si calcola che per produrre la quantità di fibra necessaria per realizzare una semplice t-shirt, occorrono quasi 100 grammi di sostanze chimiche, molte delle quali oltre a lasciare tracce sulla maglietta vanno a contaminare l’acqua e il terreno, esercitando un forte impatto negativo su flora e fauna e in ultima analisi sugli esseri umani.
Un altro rischio deriva dalle sostanze utilizzate nella tintura e nei trattamenti protettivi cui vengono sottoposti tessuti e capi d’abbigliamento. Tanto che oggi, l’industria tessile è additata come una delle più inquinanti; responsabile della produzione di almeno 500.000 tonnellate di scorie tossiche all’anno.
Va inoltre aggiunto che in particolari condizioni, come per esempio un’eccessiva sudorazione, l’epidermide può assorbire dai tessuti residui dei numerosi trattamenti (antitermici, antimuffa, antipiega, idrorepellente, antinfeltrimento ecc.) e dei coloranti, causando dermatiti e allergie di cui soffre, secondo una ricerca di Legambiente ben il 10% della popolazione. Altri composti chimici potenzialmente causa di sensibilizzazione sono: cromo (mordente e metallico colorante), nickel e cobalto (finissaggio e colorante metallico), coloranti dispersi (intermedi di tintura), formaldeide e resine formaldeidiche (finissaggio di stampa colorata), antiossidanti della gomma e acceleratori (tessuti elasticizzati), lanolina, colophone, triethanolammina (finissaggio), profumi, componenti quaternari dell’ammonio, composti organomercuriali (antibiotici).
E’ stata proprio la consapevolezza dei numerosi inconvenienti di natura ecologica e sanitaria a far crescere, negli ultimi anni, la sensibilità nei confronti dei tessuti e abiti ecologici, la cui peculiarità si basa su due semplici presupposti: l’impiego di fibre naturali provenienti da coltivazioni biologiche e l’assenza di trattamenti tossici.
Fonte: BioAgenda 2014(Terra Nuova Edizioni)